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e costruzione sintattica della particella
«ne» Uso
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La
particella "ne" (da non confondere con la
congiunzione negativa «né») è una delle varie
particelle clitiche della lingua italiana. Essa
viene usata in diverse funzioni che si possono
elencare in tre punti fondamentali: complemento
di moto da luogo, complemento di specificazione
e argomento, complemento partitivo.
I
COMPLEMENTO DI MOTO DA LUOGO
Innanzi tutto, in
accordo con la sua derivazione dal latino
inde (= di lì), la particella "ne" può
avere la funzione di complemento di moto da luogo
e quindi sostituire un'espressione avverbiale di
luogo (per es.: tornare da Roma; uscire di classe; partire di lì, da lì,
ecc.).
Oppure può avere la funzione di complemento di
origine o provenienza. In questo secondo caso
dipende generalmente da verbi o sostantivi che
indicano derivare, provenire,
nascere, sorgere, discendere,
trarre, ecc.
Esempi:
(01) Arrivai a Roma il mattino e ne [= da
Roma] ripartii la sera.
(02)
Non posso venire con te alla stazione,
perché vengo di (da) lì or ora —› perché ne
vengo or ora.
(03) «Poi [don Vincenzo]
cominciò a soffrire di potenti mal di capo
ed ogni volta che marcava visita e cercava
inutilmente di farsi capire, se ne tornava
dall'infermeria con un malore in meno»1.
(04) «La vita è l'arte di trarre conclusioni
sufficienti da premesse insufficienti» (Samuel Butler) —›
La vita è l'arte di trarne conclusioni
sufficienti.
Da notare:
1. Se nella frase vi sono due o più
espressioni avverbiali di moto da luogo
dipendenti dallo stesso verbo, il "ne" non può
essere usato. Nella frase:
Maria è partita per l'America da lì (da
Roma), non da Milano, l'espressione da lì non si può
sostituire.
II
COMPLEMENTO DI SPECIFICAZIONE
Può avere la
funzione di complemento di specificazione e
complemento d'argomento e quindi sostituire la
persona o l'oggetto di cui si tratta. In questo
senso, esso dipende da espressioni che
significano: trattare, dire,
parlare, chiacchierare, discutere,
ragionare, conversare,
giudicare, scrivere, ecc., mediante
l'uso delle preposizioni di, su,
per, o anche locuzioni come circa,
intorno a, riguardo a (per es.:
parlare di una persona; di una cosa;
discutere su, intorno ad un argomento, ecc.).
Uno schema, anche se parziale, potrà rendere
meglio l'idea:
pronomi tonici e dimostrativi che
vengono sostituiti dall'atono "ne"
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di me
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di te
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di lui, di lei, di esso, di essa
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di noi
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di voi
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ne
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di loro, di essi. di esse
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di questo, di questo che
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di quello, di quello che
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di ciò, di ciò che
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Esempi:
(05)
Luigi mi ha parlato di te e di Maria —›
mi ha parlato di voi —›
me ne ha parlato.
(06)
Questo me lo aveva accennato anche un'altra
persona, ma non ne ero convinto. [di ciò che mi aveva detto].
(07)
Luigi ha cambiato la macchina e Carla non
se ne è ancora accorta
[del fatto che Luigi ha cambiato la
macchina].
(08) Ho letto l'articolo, e ora ne faccio un
riassunto [di esso].
(09)
Ho letto le lettere, e ne ho fatto un
riassunto [di esse].
(10)
Luigi e Carlo hanno discusso a lungo sulle
varie teorie degli atomi
—› Sì, ne hanno discusso a lungo.
(11) Ti ringrazio per i fiori —›
te ne ringrazio.
[È evidente che le preposizioni su e per in questi ultimi due esempi sono
in concorrenza con la preposizione di].
Da notare:
(1) Nei casi in cui il "ne"ricopre la
funzione di complemento di specificazione e
complemento d'argomento, nei tempi composti,
il participio passato rimane sempre invariato,
[si vedano, sopra, gli esempi (05), (09) e
(10)].
(2) Se nella frase vi sono due o più
specificazioni dipendenti dallo stesso verbo,
il "ne" non può essere usato. Nella frase:
Luigi mi ha parlato di lui, non di lei, i due pronomi (di lui, di lei)
non si possono sostituire.
III
COMPLEMENTO PARTITIVO
Può
avere la funzione di complemento partitivo e
quindi sostituire un'espressione indicante un
numero o una quantità. Esso è generalmente
introdotto dalla preposizione di, e
specifica un sostantivo in rapporto ad una parte
rispetto al tutto (per es.:
della mia classe conosco solo alcuni / tre /
pochi studenti). Per cui, rispetto al numero, si ha in
dipendenza:
(a) da sostantivi numerali , come coppia,
decina, dozzina, centinaio /
centinaia, ecc.
(b) da sostantivi esprimenti numero,
parte, serie, sezione,
ecc.
(c) da pronomi indefiniti, come alcuni,
qualcuno, pochi, molti,
parecchi, tanti, ecc.; e
(d) da numerali uno, due,
dieci, venti, ..., ecc.
Esempi:
(12)
Della mia classe finora ho conosciuto solo
alcuni studenti
—›
della mia classe finora ne ho conosciuti
solo alcuni.
(13)
Qui ci sono almeno quattro problemi —›
ce ne sono almeno quattro.
(14) Ho visto due mie amiche —›
ne ho viste due.
(15)
Quanti libri hai letto? Ancora ne ho letti
pochi.
Da notare:
1. Come si può vedere dagli esempi dati, il
participio passato fa l'accordo in genere e
numero con il sostantivo che viene sostituito
dal "ne". Va ricordato che questo accordo è
d'obbligo. E si noti la differenza tra questo
e quanto si è detto al II (1) sopra, in cui
non vi è accordo. La ragione è che, mentre
nella parte II il "ne" è oggetto indiretto del
verbo, qui esso è a tutti gli effetti un
complemento oggetto, o più precisamente --
come vogliono le grammatiche -- un complemento
oggetto partitivo. Cfr. le seguenti frasi, in
cui nella prima l'oggetto è indiretto, e nella
seconda è diretto:
Carla mi ha parlato di Maria =
Carla me ne ha parlato
| Carla mi ha dato due mele =
Carla me ne ha date due.
2. Si ricorderà inoltre che, per l'accordo
del participio passato, tutti i pronomi atoni,
incluso il nostro "ne", devono precedere il
verbo o, quantomeno, il participio passato. Se
questa condizione viene a mancare, l'accordo
d'obbigo non esiste più. In alcuni casi
infatti i pronomi atoni diventano enclitici,
cioè vanno dopo il verbo e si attaccano ad
esso.
Questo ha luogo con l'infinito
(Maria ha voluto darne due a Luigi), con l'imperativo, nella seconda persona
singolare (danne
due a Luigi)2
e plurale (datene due a Luigi), e
nella prima persona plurale
(diamone due a Luigi), con il
gerundio presente (Maria non volendone dare / non volendo
darne due a Luigi...), con il gerundio passato (avendone date [di mele] due a Luigi ... , con il
participio passato usato in senso assoluto
(datene due a Luigi ...., -- e qui
non si confonda questo datene con
l'omonino di cui sopra).
Qui è di particolare rilievo notare la
struttura del gerundio passato e della sua
particella enclitica. È noto che quando si
vuole usare il participio passato in senso
assoluto, cioè da solo, basta eliminarne
l'ausiliare. Rimane però orfana la particella
che viene quindi adottata e fatta enclitica
dal participio passato (avendo-ne ricevute due, ... —› ricevutene due, ...).
Esempi:
(16)
Maria, avendo comprato un chilo di
paste, tornò a casa —› Maria, avendone
comprato (comprate) un chilo, tornò a casa
—› Maria, compratone (compratene) un chilo,
tornò a casa.
(17)
Essendosi mangiato due bistecche, Carlo
partì.3
Essendosene mangiato (mangiate) due, Carlo
partì.
Mangiatose due, Carlo
partì.
Magiatesene due, Carlo partì.
Si veda anche il n. 4 sotto.
3. Quando l'infinito è preceduto dal
participio passato dei cosidetti verbi servili
o modali (potere, volere, dovere) vale
la regola fondamentale, e quindi si possono
avere due soluzioni: una senza l'accordo,
l'altra con l'accordo.
Esempio:
(18)
Quante uova ha potuto comprare Maria?
Maria ha potuto comprarne solamente due, oppure
-Maria ne ha potute comprare solamente
due.
4. Sempre a riguardo dell'accordo del
participio passato, e per chiarire, un piccolo
dubbio potrebbe sorgere. Si considerino le
risposte alla domanda:
Quanta pasta ha comprato Maria? --Ne ha comprata due chili
| ne ha comprati due chili. In questo
caso tutt'e due le risposte sono corrette. Per
cui si può dire che quando nella frase hanno
luogo il partitivo "ne" ed anche l'oggetto
diretto, l'accordo in genere e numero può
avvenire sia con l'oggetto diretto, sia con il
sostantivo di cui il "ne" fa le veci. Questa
seconda soluzione è forse da preferirsi —
sempre ferme restando, tuttavia, le
regole esposte al IV, 1 (a) e (b).
1. Forma pronominale, forma riflessiva
apparente, forma causativa.
(a) Si chiamano pronominali quei verbi
intransitivi che usano le particelle
mi, ti, si, ci, vi, si (al modo dei
verbi riflessivi). Molti di questi verbi
aggiungono all'infinito la particella "ne",
come andarsene. Qui di seguito ne si
darà una breve lista:
accorgesene
|
guardarsene
|
tornarsene
|
approfittarsene
|
infischiarsene
|
dolersene
|
curarsene
|
occuparsene
|
partirsene
|
vergognarsene
|
pentirsene
|
andarsene
|
fregarsene
|
sbattersene
|
venirsene
|
Non ci sarà bisogno di dire che per i tempi
composti questi verbi adoperano l'ausiliare
essere. Il participio passato quindi si
accorda con il soggetto.
Esempi:
(19) Maria
non se ne era accorta [(del fatto) che
Carlo era partito].
(20)
Lui se ne è (se n'è) pentito [dell'errore che ha fatto].
(21) Lei se ne è (se n'è)
andata presto [dalla festa].
(22) I politici se ne fregano [della
gente povera].
(23) Loro se ne infischiano [di tutti]
.
(b) Questa costruzione è anche possibile con
i verbi transitivi attivi, che, come gli
altri, usano ugualmente le particelle
mi, ti si, ci, vi, si, ma che
hanno anche un complemento oggetto diretto,
come per es.: io mi lavo le camicie. In
questi casi nei tempi composti l'ausiliare è
sempre essere, ma il paricipio passato
può fare l'accordo sia con il soggetto che con
l'oggetto.
Esempi:
(24)
Carlo si era messo un maglione nero —› se ne era messo uno nero.
(25)
Carlo aveva molta fame e si è mangiato due
bistecche —› se ne è mangiato (-e) due.
(26)
Valeria si era preparata un buon piatto di
tortellini
—› se ne era preparata (-o) uno buono.
(27)
Valeria si era preparata due etti di
spaghetti —›
se ne era preparata (-i) due etti.
E si veda anche sopra, esempio (17).
(c) Similmente, questa costruzione è anche
possibile con la forma causativa (FARE + INFINITO + QUALCOSA + A
QUALCUNO, per es.:
faccio fare il bagno alla bambina; faccio
leggere il libro a Giovanni, ecc.), quando il verbo reggente
(fare) è nella forma pronominale e
quindi usa le paricelle mi, ti si,
ci, vi, si, come in (a) e in (b)
sopra.
In questo senso la formula è
FARSI + INFINITO + QUALCOSA + DA
QUALCUNO
(per es.:
mi faccio fare i capelli dal barbiere;
gli [= a Luigi]
faremo scrivere una lettera da Mario). Va però ricordato che nella forma
causativa i pronomi atoni — usati sia in
posizione proclitica che enclitica —
vanno tutti con il verbo reggente, e non
con l'infinito che segue (per es.:
i capelli, me li faccio tagliare dal
barbiere, e non *faccio tagliarmeli...,
ovvero, *mi faccio tagliarli dal barbiere). Ne consegue che, quando le particelle
pronominali vengono usate encliticamente,
avviene una vera e propria scissione tra
il verbo reggente e il suo infinito
dipendente (per es.:
i capelli, fatteli tagliare dal
barbiere; facciamocene portare due dal
cameriere).
Esempi:
(28)
Maria si era seduta al bar e si era fatta
portare delle paste dal cameriere —› se ne
era fatta (-e) portare alcune.
(29)
Siamo andati al negozio e ci siamo fatti
preparare due fatture dalla commessa
—› e
ce ne siamo fatti (-e) preparare due dalla
commessa4.
2. Verbi usati impersonalmente.
Alcuni verbi, come,
volerci, piacere, mancare, ecc.,
possono essere usati impersonalmente. In
questo uso essi prendono l'ausiliare
essere.
Esempi:
(30)
Ti sono piaciuti i quadri che hai visto
ieri?
--Sì, me ne sono piaciuti parecchi.
(31)
Quante ore ci vogliono per andare a Roma?
--Di solito basta un'ora, ma ieri me ce ne
sono volute due.
(32)
Non so cos'è successo, ma a mia moglie sono
mancati più di mille euro. Sì, gliene sono
mancati tanti.
3. Posizione del "ne" nella frase.
Quando nella frase vi sono altri pronomi
insieme alla particella "ne", questa di regola
occupa quasi sempre la seconda posizione. I
pronomi che la precedono (mi, ti, si ci, vi) cambiano la vocale finale in -e, e
davanti al "ne" diventano
me, te, se, ce, ve, mentre gli e
le (= a lui, a lei)
diventano entrambi glie- (esempi:
me ne, te ne, se ne, ce ne, ve ne,
gliene). Si ricorderà che la posizione del pronome
indiretto di terza persona plurale,
loro, è sempre dopo il verbo (ne + verbo +loro). In aggiunta bisognerà tenere a mente che
nell'uso toscano (ormai accolto in tutto il
Centro ed oltre), il soggetto noi viene
spesso sostituito dall'impersonale si, (noi veniamo dalla biblioteca = si viene
dalla biblioteca). In questi casi, il "ne" occupa la prima
posizione nella stringa pronominale:
ne si torna ora, ne si è tornati un'ora fa
| abbiamo bevuto poco vino —› ne si è bevuto poco. E
questo ovviamente per fare la distinzione con
il pronominale:
lui/lei se ne torna ora, lui/lei se ne è
tornato (-a) un'ora fa, noi ce ne siamo
tornati (-e) a mezzogiorno. | lei ha bevuto
tre bicchieri di vino —›
se ne è bevuta (-i) tre bicchieri.
4. La dislocazione.
La dislocazione, ovvero lo spostamento di un
elemento dalla sua normale posizione nella frase, è oggi un vastissimo
fenomeno che coinvolge varie parti
dell'enunciato. Alcuni esempi:
Vado a Roma domani —›
a Roma, ci vado domani; ho riportato il
libro alla biblioteca —›
il libro, l'ho riportato alla biblioteca;
ho scritto a Maria ieri —› a Maria, le ho scritto ieri, ecc.
In questi esempi abbiamo la dislocazione a
sinistra. Esempi di dislocazione a destra
potrebbero essere questi:
È difficile questo esercizio;
ha
scritto la lettera Giorgio. Altre volte
il luogo, l'oggetto o il nome viene anticipato
dalla relativa particella clitica, come, per
esempio:
ci vado domani, a Roma; l'ho riportato alla
biblioteca, il libro; le ho scritto ieri a
Maria, ecc.5.
Il "ne" in questi costrutti segue
puntualmente le regole che si sono esposte qui
sopra.
Esempi:
(33)
A Maria, gliene si è già parlato ‹—› gliene
si è già parlato, a Maria.
(34)
Degli errori, se ne è discusso ieri ‹—› se
ne è discusso ieri, degli errori.
(35)
Di vino, ne si è bevuto poco ‹—› ne si è
bevuto poco di vino.
(36)
Ha emesso due mandati di cattura, la
magistratura
—› ne ha emessi due, la magistratura.
(37)
Si è bevuta due bicchieri di vino, Maria —›
se ne è bevuta (-i) due, Maria; ecc.
• • •
N O T E
1. Mariano Paolozzi,
Dachau e ritorno, Napoli, A. Guida, 1999,
p. 59.
Nella frase «...se ne tornava dall'infermeria...» si noti la dislocazione a destra del luogo,
l'infermeria, e quindi l'anticipazione
della particella avverbiale ne. Considererò
questo aspetto al punto IV.4.
2. Sarà bene ricordare che nella
seconda persona dell'imperativo dei verbi
dare, dire, fare, stare, andare, cioè
da', di', fa', sta', va', tutte le
particelle pronominali, eccetto
gli, raddoppiano la loro consonante:
danne due a Maria, fanne vedere alcuni a Carlo,
vattene via, stattene, ecc. Si ricordi che l'accento rimane sulla
prima sillaba:
vàttene,
dàmmene,
fàttene, ecc.
3 La frase si mette qui
semplicemente perché stiamo ragionando delle
costruzioni con l'ausiliare nel gerundio. È ovvio
che un parlante preferirebbe forse usare
l'infinito perfetto (Dopo essersi mangiato due bistecche...) al posto di questa frase. E tantomeno userebbe
frasi equivalenti, ma auliche, quali: "Dopo che si fu mangiato due bistecche...", oppure "Mangiato che si fu due bistecche...".
4. Nella costruzione causativa
pronominale, il complemento di termine diventa
complemento d'agente (Abbiamo fatto preparare due ricevute alla
commessa
—›
Ce ne siamo fatte preparare due dalla
commessa), ma questo è irrilevante per il nostro
scopo.
5. Ora, per quanto riguarda il
ne in questo senso, vorrei brevemente
ricordare quel nobile esempio che ci viene fornito
da Dante: «Basti d'i miei maggiori udirne questo:» (Paradiso XVI 43). Questo «ne» di Dante è stato considerato dai
suoi interpreti un eccesso, e il Tommaseo ebbe
giustamente a dire che qui «il ne abbonda
come nella lingua parlata»(Commedia di Dante Alighieri con
ragionamenti e note di Niccolò Tommaséo, Milano,
per Giuseppe Rejna, 1854, p. 648). Ma già intorno alla metà dell'Ottocento
questo esubero dantesco — e non è l'unico nella
sua opera, e tanto meno nelle opere dei suoi
contemporanei —
veniva inteso dal Fraticelli, sì come una
ridondanza, ma anche come qualcosa che «aggiunge
efficacia» a quello che il Poeta vuol
significare («Il ne abbonda per pleonasmo e aggiunge
all'efficacia». La Divina Commedia di Dante Alighieri col comento di Pietro Fraticelli, Firenze, G.
Barbèra, 1886, p. 594). Oggi diremmo che il verso di Dante è un verso
vigorosamente "marcato", quindi efficacissimo --
anche perché vi è una fortissima scissione tra
il verbo reggente (Basti) e il suo
infinito (udirne).
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